I limiti delle tradizionali ricerche di mercato

“Le persone non pensano quello che sentono, non dicono quello che pensano, non fanno quello che dicono” affermava David Ogilvy, pubblicitario britannico.

Abbiamo visto come le scelte dei consumatori non siano pienamente razionali e che sono le emozioni a guidare le decisioni di acquisto; in questo contesto, dunque, le informazioni ottenute dalle canoniche ricerche di mercato non sono attendibili poiché mediate dal filtro della ragione. Il marketing quindi non può sottovalutare queste evidenze nell’implementazione delle strategie di comunicazione: le tradizionali ricerche di mercato da sole non sono più sufficienti per condurre un’indagine completa. Sotto stress, ad esempio durante un focus group, le persone tendono a dire cose totalmente diverse da ciò che effettivamente suggerisce il loro comportamento e questo ovviamente vanifica gran parte delle ricerche di mercato, che si basano sul presupposto che i consumatori siano onesti e precisi. Non si parte con l’intenzione di mentire, è solo che la mente inconscia interpreta meglio il comportamento di quanto non faccia la mente cosciente.

Già un secolo fa, il pioniere dei supermercati John Wanamaker affermava: “Metà del mio budget di pubblicità è sprecata. Il problema è che non so di quale metà si tratti”. E ancora Martin Lindstrom, uno degli esperti di marketing più apprezzato al mondo, “Nel 2007 gli Stati Uniti hanno speso 12 miliardi di dollari in ricerche di mercato. Ma, se queste strategie funzionano ancora, perché otto prodotti su dieci falliscono nell’arco dei primi tre mesi di vita? Quello che ora sappiamo è che quello le persone dicono nei sondaggi e nel focus group non hanno un rapporto affidabile con il modo in cui si comportano, tutt’altro.”10 Le aziende oggi spendono miliardi di risorse economiche nella conduzione di ricerche di mercato, che tuttavia non sono veritiere. Esse senza dubbio sono utili, ma dovrebbero essere integrate con metodologie che studiano l’inconscio del consumatore.

Applicazioni delle neuroscienze al marketing

I futuri progressi del neuromarketing dipendono dalla misura in cui esso piò essere tradotto in applicazioni chiare e pratiche per il marketing. In questo contesto il neuromarketing può essere di supporto in molte funzioni:

  • o Identificare dei meccanismi cerebrali: gli strumenti di neuroimaging possono aiutare a perfezionare le teorie di marketing esistenti fornendo ulteriori informazioni sui meccanismi sottostanti le scelte di consumo.
  • o Analizzare i processi inconsci: il neuromarketing permette di indagare nella mente del consumatore, di scrutare cioè i processi inconsci che sono impossibili da decifrare utilizzando altri metodi. Un esempio a tal riguardo può essere rappresentato dalla scelta di due prodotti qualitativamente uguali ma con prezzi diversi, come due bottiglie di vino, è stato studiato da Plasmann tendiamo a preferire sempre il prodotto con il costo superiore, proprio poiché inconsciamente associamo il prezzo alla qualità.
  • o Distinguere i processi psicologici: le tecniche di brain imaging permettono di capire se per diversi tipi di decisioni si scaturiscono processi neuronali simili o differenti. Ciò può essere di grande utilità al marketing per capire come stimolare il consumatore e che processi psicologici è meglio attivare.
  • o Comprendere le differenze tra individui: il neuromarketing è in grado di cogliere le differenze individuali e pertanto permette di analizzare l’eterogeneità nel comportamento dei consumatori.
  • o Prevedere i comportamenti d’acquisto: l’utilizzo degli strumenti di scansione cerebrale può aiutare il marketing a migliorare la previsione delle scelte d’acquisto. È stato infatti dimostrato da Knuston che l’attivazione pre-decisiva di alcune parti del cervello è determinante per le scelte successive.

È evidente dunque che le ricerche di neuromarketing sono di grande utilità per il marketing aziendale e possono essere applicate in ambiti eterogenei: per l’analisi degli spot pubblicitari, per capire se i consumatori apprezzano un prodotto e il suo packaging, per conoscere la percezione del brand, per analizzare il product placement cioè il modo ottimale per posizionare i prodotti sugli scaffali o all’interno di canali mediatici, quali film, serie tv, video musicali. Sono tutti elementi essenziali per il successo di un prodotto, dunque il ruolo del neuromarketing può essere decisivo per l’affermazione e la sopravvivenza di un’azienda.