Brand sensoring: stimolare i 5 sensi

In un contesto odierno di eccessivo bombardamento mediatico e smodata offerta di prodotti si è capito sempre più che per differenziarsi e attirare l’attenzione dei consumatori si deve far leva sulle emozioni: stimolare tutti i sensi e non solo la vista, e sono oramai numerose le aziende che adottano queste tecniche facendo uso di particolari profumi, musiche, colori vivaci, tessuti morbidi, forme che ricordano l’infanzia.

Pensiamo ad esempio a quanto sono stati determinanti questi fattori per il successo di aziende quali Ambercrobie&Fitch o Hollister&Co: musica e luci da discoteca, profumo caratteristico riconoscibile anche ad isolati di distanza, modelli dai muscoli scolpiti hanno stregato gli adolescenti e hanno fatto lievitare i profitti in brevissimo tempo. Un altro caso è la Samsung, che ha introdotto nel suo negozio di New York una fragranza al melone per rilassare i clienti e riprodurre il clima dei Mari del Sud.

Ancora si può pensare all’odore inebriante che proviene dai fast food, ebbene per la maggior parte dei casi non dipende dai panini appena preparati bensì da uno spray che riproduce l’aroma dei burger e che viene diffuso attraverso i condotti di areazione. Negli stessi supermercati, il banco del fornaio è generalmente posto all’entrata per concitare la fame dei clienti e invogliarli ad acquistare prodotti non previsti.

Anche il suono è una componente fondamentale delle nostre esperienze di acquisto; alcune aziende hanno investito molti anni e fondi nella ricerca, ad esempio la General Electric per un logo sonoro o la Kellogg’s per trovare il rumore perfetto che corrispondesse alla croccantezza dei suoi cereali e che fosse diverso da qualsiasi altra marca. Addirittura sono stati studiati a lungo anche i rumori che producono all’apertura un vasetto di caffè liofilizzato o un tubo di patatine Pringles, al fine di dare al consumatore l’idea di freschezza.

Infine pure i colori per il prodotto o per il logo possono essere decisivi per il successo del brand e sono generalmente scelti in base alle sensazioni che si vogliono trasmettere: colori molto energici come l’arancione il rosso vogliono trasmettere vitalità, colori freddi come il blu o il verde fiducia e tranquillità, colori come il bianco o il grigio invece professionalità.

In questa immagine vengono riportati i loghi di alcuni brand e di ciò che vogliono trasmettere ai clienti con il colore utilizzato.

Riportando esempi concreti su come colore di un prodotto può essere rilevante, consideriamo il caso della Heinz che, quando ha lanciato sul mercato nel 2001 un ketchup verde, ha assistito al picco di vendite più alto del brand: nei primi sette mesi sono state acquistati più di 10 milioni di bottiglie, o ancora a quando la Apple ha commercializzato una nuova linea di iMac color pastello e le prenotazioni sono aumentate vertiginosamente. È dunque fondamentale che il marketing aziendale combini al meglio tutte queste variabili per conseguire il successo dei propri prodotti o del proprio brand.

Esperimenti di Brand Sensoring

Oltre che dalle evidenze empiriche come quelle sopra citate, questo fenomeno, chiamato sensory branding, è stato oggetto di numerosi studi di neuromarketing, che ne hanno dimostrato scientificamente le motivazioni e hanno aiutato le aziende ad ottimizzare i propri investimenti.

Un esperimento a tal riguardo ha provato che ormai i consumatori sono indifferenti ai messaggi pubblicitari e che hanno sicuramente un impatto inferiore rispetto ad altri stimoli sensoriali; una società specializzata in neuroimaging, la Neuroco, è stata incaricata dalla 20th Certury Fox di condurre uno studio su quanto i messaggi pubblicitari attraessero i soggetti in una passeggiata virtuale per le vie di Parigi. Monitorando l’attività elettrica cerebrale e i movimenti oculari dei volontari è stato scoperto nessuna pubblicità, né cartelloni né quelle riportate sui bus, attirava la vista dei soggetti ma causava solo un affaticamento visivo, e di conseguenza non avrebbe portato ad un incremento delle vendite.

Altri esperimenti riguardo le stimolazioni sensoriali hanno avuto invece risultati di gran lunga più costruttivi: in uno studio condotto dal neurologo Alan Hirsch e commissionato dalla Nike si è studiato quanto l’olfatto potesse influire sulle esperienze di acquisto. Nel test i ricercatori hanno messo due paia di scarpe identiche in due stanze che si diversificavano soltanto per l’odore: in una era stato spruzzato un profumo floreale, nell’altra no. Successivamente i soggetti sono stati invitati a compilare un questionario nel quale dovevano dare un giudizio sulle due scarpe: l’84% dei soggetti ha dichiarato che preferiva ed era più propenso ad acquistare le scarpe della stanza in cui era stato immesso il profumo, inoltre le valutava ben 10,33 dollari in più.

Un ultimo esperimento che riguarda l’influenza del suono è stato svolto in Inghilterra da ricercatori dell’Università di Leicester: sono state propagate due diverse melodie nella sezione vini di un supermercato, una classica francese eseguita da fisarmoniche e l’altra una musica tedesca di una banda di ottoni. Nelle giornate in cui era stata diffusa la melodia francese il 77% dei consumatori acquistava un vino francese, mentre nei giorni dell’altra musica preferivano una bottiglia della sezione dei vini tedesca. In sintesi era dalle 3 alle 4 volte più probabile che il cliente inconsciamente scegliesse un vino della nazionalità della musica che stava ascoltando.